10 Ago 2025

Leone XIV saluta i fedeli

Leone XIV

Tutto in un saluto?

Nei giorni seguenti l’avvenuta elezione di Leone XIV a Sommo Pontefice mi è capitato spesso di ripensare al primo saluto del neoeletto dalla loggia di San Pietro e al contrasto evidente con quello che fu, quella sera del 13 marzo 2013, il saluto di Papa Francesco.

Ovviamente appare logico che sarebbe oltremodo irriguardoso e privo di fondamento un eventuale giudizio sui due Pontefici basato su una semplice modalità di presentarsi al pubblico nel contesto dell’importante evento elettivo. Tuttavia, non ho potuto evitare di cadere nella tentazione di leggere nei due differenti saluti la metafora di due modalità di interpretare e diffondere lo stesso Vangelo oggi.

“Buonasera” o “La pace sia con voi”, quale dei due saluti può leggere, comprendere e accogliere meglio l’uomo della strada, anzi l’uomo del terzo millennio?  

 Nel primo saluto ho avuto la sensazione di avvertire la semplicità e l’umanità che esaltano la dimensione esistenziale entro cui si muove l’uomo contemporaneo, in un susseguirsi di vicende dolorose, di profonde delusioni, di immancabili fragilità, di un irraggiungibile perfezionismo morale. Nel secondo, direi dal tono istituzionale, ho percepito invece la fermezza e la sicurezza di trovarsi già in piena sintonia con lo spirito evangelico entro cui il saluto del Cristo è divenuto, in un ideale itinerario già percorso, l’identico saluto degli eletti. Scontata naturalmente l’attualità di quest’ultimo saluto nel contesto dei gravi e dolorosi eventi bellici che affliggono oggi l’umanità.

Insomma, mi è sembrato di scorgere due scenari decisamente diversi: un’umanità stretta nel vicolo di una immancabile dubbiosità, nelle sabbie mobili dei propri gravi limiti e delle proprie debolezze, nel groviglio di una pensosità che talvolta scivola nelle secche dell’indifferenza da un lato, e dall’altro un’umanità solida e ferma, che sembra già approdata ad un perfezionismo entro il quale il “peccato” rappresenta una inappellabile esclusione di fatto dal progetto di salvezza. Due visioni che potrebbero trovare sicuramente un punto di mediazione solo rinunciando ad estremizzare entrambe le posizioni.

L’uomo di oggi non ha bisogno di un dio qualunque, magari da conquistare con i propri meriti e le proprie capacità, ma di un Dio che si è lasciato conquistare dal suo stesso amore fin dal principio del mondo, entrando prepotentemente e di propria iniziativa nella storia dell’uomo attraverso quel Cristo che festeggiava con i pubblicani del tempo, cioè i traditori e i malfattori, e che rincorreva la “pecorella smarrita”.

La sua Chiesa oggi è chiamata a parlare di più il lessico dei poveri e degli abbandonati, ad esaltare e diffondere l’attributo più convincente di Dio, quello misericordioso, a predicare la fragilità e l’imperfezione degli uomini che sono bisognevoli di perdono, ad occupare le periferie del mondo e non i centri del potere e dell’opulenza.

Qualche giorno fa moriva padre Dri, il cardinale confessore che al termine della sua giornata chiedeva perdono al Signore per aver perdonato troppo in confessionale. E concludeva assolvendosi: “Signore, alla fine sei stato Tu a darmi il cattivo esempio.”

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Domenico Barbaro

Domenico Barbaro

Di origine calabrese, sono nato a Platì (RC), un paese arroccato alle estreme propaggini dell’Aspromonte volte verso la costa ionica. Dopo aver fatto gli studi superiori mi sono trasferito a Roma dove ho conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università “La sapienza”.